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Subject:
Un caro ricordo per capire e non dimenticare.
28 febbraio 2000

Mi chiamo Paola e ho una storia da raccontare, un ricordo da raccontare per capire e non dimenticare.
Pippo ci ha lasciato ad aprile dello scorso anno, dopo una sofferenza durata diversi mesi, dopo aver provato tutto quanto è stato possibile per non farlo soffrire.
Pippo era un gatto persiano nero con due splendidi occhioni verdi, e non perchè era il nostro gatto, ma era davvero intelligente; ci sarebbero tanti aneddoti da raccontare per far capire che micio era, ma ora sono qui per raccontare il suo addio.
A febbraio del 1998, in piena notte lo sentiamo urlare di dolore; la sua vescica si era completamente bloccata e camminava per casa tutto contratto cercando disperatamente il nostro aiuto. Con Gianni (allora era il mio compagno, oggi siamo felicemente sposati) corriamo al pronto soccorso veterinario, il migliore a Roma, almeno così dicono; peccato che però quella notte il veterinario che era lì di turno forse aveva avuto qualche problema. Da una radiografia scopre che ha la vescica piena di calcoli, ai gatti maschi adulti può succedere, e decide di mettergli un catetere............. 50 minuti di anestesia totale, avete capito bene, 50 minuti per mettere un tubicino, e una flebo in una zampina.
Pippo si sveglia di scatto non rendendosi conto di quanto gli è successo, e il veterinario insiste perchè venga lasciato lì "in osservazione"; ma soffre troppo, Gianni ed io vogliamo la sua veterinaria e alla fine riusciamo a portarlo a casa. La mattina dopo poche ore Maria Livia è a casa nostra, la sua veterinaria che con tanto amore e cura si è occupata di Pippo. La flebo ha indurito la vena della zampina e gli fa male, ma è sveglio, di buon umore e ha fame; il problema sembra risolto. Dovrà portare il catetere per una settimana, starà a noi curarlo e fare in modo che faccia la pipì a ore precise. Se dopo una settimana si sarà sbloccato tanto meglio, altrimenti dovrà essere operato.
E purtroppo va così, un tenero micio di quasi 14 anni affronta per la prima volta nella sua vita un intervento chirurgico, ma lo supera bene; Maria Livia è bravissima!! Solo che l'operazione lo debilita un pochino e un mese dopo esce fuori un tumore alle ghiandole mammarie, rarissimo nei gatti maschi, che forse era lì da tempo, senza aver mai dato fastidi.
Per la seconda volta Pippo viene operato e per la seconda volta ne escefuori bene, senza ripercussioni e conseguenze. Passiamo un anno sereni, Pippo è splendido come non mai, e dopo i due interventi si è ancora più affezionato a noi, come se avesse paura di provare di nuovo simili sofferenze.
Purtroppo a febbraio del 1999 il tumore ritorna, in forma ben più grave, con bozzetti sulla pancia che cominiciano a dargli fastidio. Di nuovo con Gianni siamo dalla nostra veterinaria; Pippo ha ormai quasi 15 anni, è anziano, anche se vispo e allegro, e Maria Livia è un po' in dubbio se operarlo oppure no. Ma Pippo non sta più bene, ha delle fitte di dolore che gli fanno fare salti assurdi, e ha paura ad essere preso in braccio, forse ha più dolore di quanto noi non pensiamo. Abbiamo due possibilià, lasciare tutto così sperando che il bozzo che ha non cresca ancora e rischi di rompersi, provocando problemi ben peggiori, o operarlo ancora una volta, sperando che anche questa volta vada tutto bene. Decidiamo di provare, e purtroppo rischiamo di perdere Pippo durante l'intervento, ma anche questa volta ce la fa.
Ci vorrà quasi una settimana perchè Pippo esca fuori dell'intervento, quando finalmente ricomincia a mangiare, a bere, un po' alla volta. Da febbraio ad aprile Gianni ed io abbiamo dedicato a lui ogni più breve momento delle nostre giornate e delle nostre nottate. Pippo un po' alla volta stava perdendo le forze, e più si indeboliva più aveva bisogno di noi e noi eravamo lì, vicini a lui.
Mangiava omogeneizzati, ma non riusciva ad alzarsi dal suo cesto e noi eravamo lì ad imboccarlo a farlo bere a prenderlo su per farlo camminare quel poco che bastava per farlo andare nella sua lettiera. Lo vedevamo soffrire ma sapevamo che capiva tutto quello che stavamo facendo per lui; abbiamo cominciato con il cortisone per iniezione, con le vitamine che tanto dolore gli provocavano e lui era lì buono a farsi fare tutto quanto. La notte aveva bisogno di sentirci vicini a lui. Non dormiva più sul nostro letto, ma il suo cesto era accanto a noi e la mia mano lo accarezzava per ore; e quando mi fermavo, delicatamente tirava fuori le unghie e mi prendeva la mano con le sue zampine per farmi capire che dovevo continuare, non lo dovevo lasciare.
Alla fine ci siamo resi conto che qualsiasi cosa potessimo fare per lui non c'era più niente da fare; era pieno di metastasi dovunque, e i calmanti che gli facevamo rendevano solo meno dolorose le sue giornate. Eravamo a casa nostra al Lago di Bolsena, il 3 aprile del 1999 e Pippo era con noi, il giorno prima di Pasqua. E' stato forse il momento più difficile della nostra vita con lui; siamo andati da un nostro amico veterinario, un vecchio compagno di giochi di quando eravamo piccoli e insieme decidiamo che è ora di smettere di far soffrire Pippo. Secondo lui abbiamo fatto molto più di quanto avrebbe fatto chiunque per un micio, ma è giusto lasciarlo andare. Così gli facciamo le nostre ultime coccole sabato mattina, mentre il veterinario gli fa un calmante per non fargli sentire alcun dolore. Ci guarda uscire dalla stanza con gli occhi pieni di paura, almeno così sembra a noi, ed egoisticamente spero che non abbia capito cosa sta per accadere, perchè ancora adesso a distanza di un anno mi chiedo se sia stato giusto quello che abbiamo fatto, sesia stato giusto farlo soffrire a lungo per il nostro egoismo, se sia nostro il diritto di decidere quando porre fine alla vita di un micio che vive con noi da sempre e che sempre ha fatto parte della nostra vita.
Ora nel giardino della nostra casa al lago un bellissimo cespuglio di rose bianche ci ricorda i momenti indimenticabili passati con lui. Gianni ed io siamo rimasti soli, e ancora adesso, a distanza di quasi un anno, il ricordo di Pippo è grande e fa male.
Una sola cosa ancora: diventiamo egoisti quando amiamo, vorremmo che il micio o il cane che vive con noi restasse sempre nella nostra vita, ma purtroppo non è così. Non sono loro a decidere quando è il momento di rinunciare alla vita, questo è un compito ingrato che spetta a noi, che li accudiamo, coccoliamo e amiamo per anni. Ma penso, per l'esperienza che abbiamo vissuto Gianni ed io, che quanto abbiamo fatto per Pippo sia stata la cosa migliore per lui....... per noi, non lo so, forse è un dubbio che porterò sempre con me.


Paola .